Nel tiro a volo bisogna colpire un bersaglio, il piattello, in movimento da una distanza che varia a seconda della specialità. Si spara con un fucile a canna liscia e si cerca di colpire il piattello che viene lanciato in aria da apposite macchine; la traiettoria del bersaglio può essere predeterminata attraverso una sequenza conosciuta dall’atleta che si presenta in pedana oppure selezionata a caso al momento del lancio. Ogni azione si svolge in tempi rapidissimi, per cui è uno sport che richiede elevate doti di concentrazione, attenzione, riflessi e capacità di rilassamento. È necessario memorizzare e automatizzare i movimenti, dettarsi i tempi di chiamata del piattello e saper focalizzare un obiettivo. In questo sport vi sono innumerevoli variabili che lo rendono sempre differente come la temperatura esterna, il vento, la nebbia, il sole davanti agli occhi, i cambi di luce e gli stessi piattelli.
Il tiro a volo ha origine dalla pratica del tiro al piccione, famosa nell'Inghilterra della prima metà del XIX secolo e poi arrivata in tutta Europa. Dopo l'intervento delle associazioni animaliste a far questa pratica diminuì un po' ovunque sino a scomparire e negli Stati Uniti si iniziò così a sparare su delle palle di vetro lanciate da un contenitore munito di molla. Le palle furono poi sostituite da bersagli di argilla a forma di disco che furono chiamati in diversi modi fino a prendere il nome definitivo di piattello. Nel 1926 venne fondata la Federazione Italiana Tiro al Piccione d’Argilla (FITPA) che riunì 30 società tra tutte le regioni italiane, trasformata l'anno successivo in FITAV (Federazione Italiana Tiro a Volo), entrando a far parte del CONI.